Il 2 giugno, giorno di festa, giorno fausto
- Gustavo Cioppa
- 2 giu
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Ospitiamo la riflessione del nostro editorialista nel giorno della scomparsa del Santo Padre

Nel giorno del 2 giugno si celebra la Festa della Repubblica, onde ricordare la nascita della Repubblica italiana, il 2 giugno 1946, a seguito di un fondamentale referendum istituzionale. Occorre però precisare in che senso debba intendersi l'accezione "festa". Essa infatti non va certo interpretata come sinonimo di "sagra" o di "festività" nel senso comune e gergale del significato - tale precisazione è importante, poiché oggi si tende a equivocare il significato istituzionale e quasi "sacro" di una festività, ancorché laica, con la nozione di "festa" gergalmente intesa -. Con tale accezione va piuttosto ad intendersi l'aggettivo latino "faustus", riconnesso a "dies", da cui "dies faustus", ossia, letteralmente, "giorno fortunato". Nell'accezione romanistica, tuttavia, per "fortuna" si indica non già la "fortuna", siccome oggi comunemente intesa, ma il "destino", la "sorte", la "moira" greca, ossia, letteralmente, dal greco "meros", "parte", "colei che fa le parti". Così, probabilmente, un imperscrutabile destino aveva programmato che il 2 giugno 1946 sarebbe sorta la Repubblica italiana. La Festa della Repubblica, nella predetta accezione, è una ricorrenza che deve essere vissuta tutti i giorni, per ricordare come immanenti e sempre attuali i valori sui quali si è fondata, come si fonda, il nostro Stato. Il riferimento è ai principi fondamentali, cui sono dedicati i primi dodici articoli della Costituzione. Così, centrali nel funzionamento del sistema costituzionale sono il diritto-dovere al lavoro, il principio di solidarietà umana e quello di uguaglianza. La Costituzione, si è detto, rappresenta una perfetta sintesi tra norme dedicate alle libertà e ai diritti fondamentali della persona e norme dedicate al funzionamento dello Stato, in ciò rappresentando un perfetto modello di Costituzione "lunga", ossia non esclusivamente limitata alla parte relativa allo Stato, quale Stato-apparato, ma ricca di fondamentali principi relativi all'ontologia dello Stato-comunità. La comunità dunque al centro del disegno costituzionale, siccome bene espresso nella formulazione di cui all'articolo 2, ai sensi del quale "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale". La Repubblica è e deve essere, letteralmente, "res pubblica", ossia "cosa pubblica", "affare di tutti". Le tematiche della vita pubblica non devono allora essere considerate qualcosa di alieno dalla nostra sfera personale e giuridica, quanto piuttosto parti imprescindibili e fondanti della medesima, come la giornata del 2 giugno ci vuole ricordare. La Costituzione, al tempo stesso, è un pezzo di carta, non una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé (Calamandrei). Ecco dunque che solo la coscienza collettiva può far procedere l'ordinamento, l'ordinamento giuridico e sociale, di cui tutti facciamo parte e che tutti siamo chiamati ad arricchire con i nostri contributi. Ecco dunque il significato profondo del legame sociale: un fondamentale atto di civiltà, che, nella sua semplicità, reca il significato di una storia illustre, fatta di notevoli sacrifici, per l'affermazione dei diritti costituzionali, i quali non devono rimanere sulla carta, ma devono piuttosto essere inverati nelle nostre vite. Il tempo in cui viviamo è certamente, purtroppo, caratterizzato dalla violenza e da un forte atomismo sociale. La violenza, etimologicamente "violazione", consiste appunto nella violazione di fondamentali norme di comportamento e lede gravemente l'amore per la legalità e quello per la comunità. E infatti, l'amore per la comunità è anche amore per la legalità, e viceversa, secondo una primaria relazione ermeneutica biunivoca, che vede la legge quale portato derivativo di un senso di etica dedizione per il popolo, in tal senso astringendosi in uno il binomio "lavoro", inteso come "impegno" e "sacrificio" e "sovranità popolare" (artt. 1 e 4 Cost.). Solo l'amore, per la comunità e la legalità, con il suo carattere immanente, che trascende la storia, può consentire il superamento delle criticità del tempo attuale, secondo l'antico brocardo "amor omnia vincit".
Gustavo Cioppa
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