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Le distopie metropolitane proseguono

editoriale di Marco Pompilio

urbanista

membro del Comitato scientifico


Nel mondo, dove esistono sistemi urbani metropolitani policentrici simili a quello Milanese, sono stati adottati modelli amministrativi per assicurarne un governo coordinato. Il malfunzionamento di una delle parti, anche una sola, ha infatti effetti significativi sul sistema nel suo complesso.

Le interazioni tra le diverse componenti del territorio sono in un sistema urbano metropolitano molto più dense, intrecciate e interdipendenti di quanto accade in un territorio provinciale. Proprio per questo la legge nazionale, che nel 2014 ha istituito le città metropolitane, ha assegnato ai piani territoriali metropolitani più poteri di quelli dei piani territoriali delle province.

Tuttavia la stessa legge, imponendo la coincidenza tra le cariche di Sindaco metropolitano e di Sindaco del comune capoluogo, ha di fatto cancellato ogni possibile costruttiva dialettica tra Milano e le amministrazioni degli altri comuni. Doveva, nelle intenzioni iniziali, essere un provvedimento temporaneo, per assicurare la presenza di una figura guida politicamente rilevante nella delicata fase di transizione verso l’istituzione del nuovo ente. Ma il temporaneo, spesso accade in questo Paese, si è protratto nel tempo, un po’ troppo, e infatti a fine 2021 la Corte Costituzionale censurando la situazione ha invitato il Legislatore a rimediare.

Il tema era già stato illustrato sul sito di Osservatorio Metropolitano nell’intervento del 13 maggio 2023 (https://www.osservatorio.milano.it/post/distopie-metropolitane ). In questi mesi nulla è cambiato, si attende sempre l’intervento legislativo che il Ministro per gli affari regionali e le autonomie ha da tempo annunciato per correggere lo strabismo dalla norma del 2014 su province e città metropolitane.

L’accentramento di tanto potere sul Sindaco del Comune Capoluogo limita fortemente le risorse e la capacità di azione degli altri 132 comuni che compongono la Città metropolitana e contribuiscono in modo determinante al funzionamento del sistema metropolitano. Alcune conseguenti disfunzioni erano state elencate nel citato articolo di maggio.

Altre potrebbero manifestarsi in futuro se non si ritorna rapidamente ad un Sindaco metropolitano che sia eletto direttamente dai 3,2 milioni di abitanti metropolitani e non, come accade oggi, dai soli abitanti del capoluogo (1,3 milioni), privando di un diritto fondamentale di rappresentanza, sancito dalla Costituzione, gli altri 1,9 milioni. Per comprendere nel concreto la dimensione distopica del protrarsi di questa situazione un esempio può essere utile.

Il sistema S di linee ferroviarie suburbane è la vera e propria nervatura portante del trasporto pubblico nell’area metropolitana, di fondamentale importanza, è evidente, per il corretto funzionamento di Milano metropolitana. Mette in collegamento Milano con i comuni della Città metropolitana e si spinge anche verso alcuni dei capoluoghi e principali comuni delle province confinanti (Varese, Saronno, Como, Monza, Lecco, Treviglio, Lodi, Pavia). Il Comune di Milano nella sua programmazione trasporti (il PUMS – Piano Urbano della Mobilità Sostenibile – approvato nel 2018) prevede di rafforzare le linee suburbane soprattutto entro la cerchia dei comuni confinanti. Questo ha senso, essendo la zona a più elevata densità di spostamenti. Ma lo stesso documento suggerisce anche di accorciare le linee verso i comuni più esterni e le altre province per sostituirli con altre forme di servizio ferroviario. Emerge una visione accentratrice del capoluogo mentre il piano territoriale metropolitano (PTM) prevede invece che i collegamenti verso le altre province rimangano e siano anzi ampliati. L’area metropolitana effettiva si estende infatti molto oltre i confini amministrativi della Città metropolitana.

L’indirizzo del PTM dovrebbe secondo le norme prevalere. Purtroppo in assenza di dialettica tra due cariche istituzionali distinte, che oggi coincidono nella stessa persona, è facile prevedere che sarà invece disattesa per privilegiare l’indirizzo del PUMS di Milano, con danni non solo per gli altri comuni e le altre province. E’ evidente infatti che se il sistema metropolitano funziona male tutti ne soffriranno, e neppure il capoluogo potrà sottrarsi alle conseguenze, con prevedibili rilevanti costi ambientali, economici e sociali.



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